Insegno nella Scuola dell’Infanzia ormai da nove anni. E ogni anno, a fine ottobre, mi trovo puntualmente a cozzare con la questione di Halloween.
Se come persona sono abituata ‘alla consapevolezza’, al domandarmi le ragioni di ogni mia scelta e azione, ancor più, come insegnante, cerco di definire ed esplicitare le motivazioni e gli obiettivi di ogni azione educativa e formativa. Ora, di fronte alle mie colleghe che si industriano e si agitano nel disegnare pipistrelli, fantasmi, zombi e streghe per il 31 ottobre, io non riesco proprio a trovare motivazioni per cui, come scuola, dovrei decidere di aderire e incrementare questa festa.
Mi avvampa, piuttosto, la stizza contro questa irresistibile seduzione che, in noi italiani, sembra esercitare tutto ciò che giunge dall’estero!
A scuola non festeggiamo più Natale, perché, …si sa, ‘la scuola è laica’ e quando alla fine di dicembre iniziano le vacanze diciamo ai bambini che si interrompono le lezioni perché arriva Babbo Natale e la Befana, ma, per carità!, attenzione a non alludere mai alla nascita di Gesù: che imbarazzo il solo nominarlo! Che scandaloso suona questo nome a scuola! (Forse, chissà, ad essere proprio coerenti, si dovrebbe pure cambiare la denominazione ‘troppo allusiva’ che da 2000 anni si dà al 25 dicembre! …Ma dovremmo cambiare anche il calendario che inizia a contare gli anni proprio da quella ‘nascita tabù’, come dovremmo occultare la Pietà di Michelangelo, L’ultima cena di Leonardo, I Promessi Sposi, La Divina Commedia e le riflessioni filosofiche di S. Tommaso e S. Agostino!). E noi maestri, così come sappiamo camuffare bene il Natale quale ‘festa della pace’ o ‘della famiglia’, dei regali, di Babbo Natale o della neve, con altrettanta ipocrisia, raccontiamo che la Pasqua è la festa della Primavera, delle farfalline, dei fiori colorati e delle coccinelle… rinnegando le nostre radici religiose, le nostre tradizioni culturali, la nostra identità!
A voler essere maestri ‘democratici’ e ‘rispettosi della diversità’, Natale e Pasqua, ‘antiquate feste da bigotti’, vanno, dunque, taciute o, tutt’al più, ‘camuffate’, …ma Halloveen, no! Come resistere al fascino di una festa che ci fa sentire insegnanti tanto aperte alle novità, progredite, originali e al passo con i tempi?
Eppure a me sembra lampante: “L’Europa sarà cristiana o non sarà”, scriveva A. Marlaux
Nell’era della comunicazione, non sono certo fossilizzato in una sorta di assurdo ‘campanilismo culturale’. Ma credo che ‘comunicazione’, ‘confronto’ e ‘integrazione’ presuppongano e si diano esclusivamente nella ‘diversità’, nella ‘molteplicità’: e dunque nel mantenimento e nella consapevolezza della propria ‘identità’, non nel suo diniego! Se l’identità si annichilisce e si perde nell’alterità, viene a mancare la conditio sine qua non, il presupposto necessario alla comunicazione. ‘Confronto’ e ‘comunicazione’, divengono allora sinonimi di ‘appiattimento’, ‘uniformità’, ‘omogeneità’, ‘monoliticità’… .
Se, sicuramente, si ribella la mia anima italiana, o di europea, che ama e va fiera della sua cultura tanto densa di storia, profonda di valori, ricca di ogni genere d’arte, ancor più si ribella la mia coscienza di cristiana. Halloween vive dell’idea che i morti, nella notte delle streghe, ritornino sulla terra alla ricerca dei corpi da abitare. E questo non è certo compatibile con la mia fede in Gesù Cristo! Concludo, quindi, ricordando quanto affermava il Cardinale Martini qualche anno fa. In alternativa alla festa di zombi e di zucche, invitava, a non dimenticare piuttosto la ricorrenza ‘onorando i defunti’: Quello dei defunti è un culto della nostra storia: è il momento in cui si apre la speranza per l’eternità. Un momento in cui il Signore ci fa comprendere che la vita è più ampia di quella terrena. Perché continuiamo a barattarlo con la festa delle streghe?